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Intervista al Giornale di Vicenza il 08 Novembre 2008.  

Come cambia la famiglia italiana oggi

Scuola Genitori

L’ESPERTO. Lo psicologo Mario Polito sui ragazzi super-impegnati

«Stressati dalla ricerca del successo»

«Chiediamo troppo ai nostri figli che devono realizzare i nostri sogni. Così nasce in loro la vergogna, più tardi l’apatia o la ribellione»

«Hanno una settimana peggiore di quella di un manager: e quando staccano trasgrediscono»

Di Nicoletta Martelletto

Mario Polito. È psicologo, psicoterapeuta e pedagogista, esperto in metodi di studio. Si è laureato in filosofia nel 1973, in psicologia nel 1981 e in pedagogia nel 1991. Ha scritto 28 libri e svolto oltre 600 seminari e conferenze, che si possono consultare sul sito www.mariopolito.it.

Chiediamo troppo ai nostri figli? La domanda è nata proprio tra i genitori, negli incontri che Mario Polito, psicologo e psicoterapeuta, replica in numerosi centri del Nord Italia dove è chiamato a discernere il complicato mondo delle relazioni intra-familiari.

Nella seconda lezione della Scuola Genitori di Assoartigiani, la casistica è stata ampia: ragazzini soffocati dagli impegni extrascolastici, genitori tassisti a tempo pieno per scorazzarli dal judo all’inglese, dalla danza al laboratorio di creatività.

Prof. Polito, hanno davvero bisogno i ragazzi di questo turbinio di esperienze?

I ragazzi no, i genitori sì perché vogliono fare troppo per i loro figli. Li caricano di cose che i nostri genitori a non ci avrebbero mai chiesto, perché così realizzano il figlio ideale. Sono genitori coinvolti ma super: non genitori alla Winnicott col sei più, voto naturale perché si sbaglia spesso, ma cercano il 10 e lode. Caricano il figlio: deve essere il migliore, super, bravo in questo e quest’altro, gli ripetono “tutto ti è possibile”. Queste frasi li gonfiano e i figli si sentono presto stressati dalle aspettative dei genitori.

Allora è così: chiediamo troppo ai figli?

Sì. I nostri ragazzi quando non sono più piccolissimi reagiscono con l’apatia, nella maggior parte dei casi, o col senso di vergogna in altri perché non sono all’altezza. Si sta studiando poco questo fenomeno: i ragazzi non hanno il senso di colpa se non hanno studiato, non hanno paura della punizione e dell’autorità, hanno paura però di fare brutta figura davanti ai coetanei, davanti ai genitori, di non riuscire a realizzare quanto i genitori chiedono. Se si sono sentiti dire che sono speciali e poi vedono che non riescono a studiare e non ce la fanno, hanno una valutazione negativa di sè. Anche i media propongono super adolescenti, super belli, super eccellenti, tutti hanno successo: ma nella realtà non è così e lo sperimentano da soli.

Troppi impegni sui ragazzi: può accadere anche perché i genitori, meno presenti in casa, così li  sanno occupati e non in giro?

È una lettura ma se questo dà tranquillità sull’altro versante creai genitori tassisti: conosco madri che sono mogli, magari anche lavoratrici che stanno lì in auto ad aspettare anche un’ora che il figlio faccia questo o quello. Sacrificano se stesse, il loro tempo. I ragazzi super strutturati hanno una settimana peggiore di quella di un manager: e quando staccano che fanno? Trasgrediscono, perché tutto è eccessivamente ordinato e programmato. Bisogna assolutamente che abbiamo tempi più naturali.

Il movimento nascente del “free range parenting”, che lei ultimante cita, suggerisce che... Che i genitori si riprendono i ragazzi a spazio libero, liberandoli dai corsi inutili, gestendoli a banda libera, con una passeggiata, con una chiacchierata, facendo qualcosa insieme. I genitori non devono far fare ma “fanno con”. L’aumento delle attività, che comincia alle elementari, esplode alle medie e poi ha una pausa di arresto alle superiori: c’è una ribellione a tutto, abbandonano lo sport, il violino, l’inglese. Percepiscono che i genitori hanno fatto molto per loro ma non hanno la forza né la voglia di inseguire i loro sogni.

Colpa dei genitori che non osservano quali sono i veri talenti dei figli?

Non possiamo desiderare super figli ma osservarli e coltivare in loro quella che ci sembra una potenzialità. Non imponiamo cose che piacciono a noi adulti ma mettiamoci vicino a loro e ascoltiamoli. Fin da bambini altrimenti avranno un sovraccarico di stimoli, ma la mente sequestrata, incapace di guardare dentro di sè. Lo smarrimento arriva nell’adolescenza e a volte ai 18 anni sono  lì che hanno perso tempo, hanno capito di aver fatto scelte sbagliate che non appartengono loro.

Con che occhi allora guardare ad un figlio?

Con un sufficiente distacco, mettendo da parte il narcisismo da genitore che vede nel figlio un prolungamento di sè. Padre e madre sono due telecamere: osservano, registrano, scandagliano il cuore di un figlio e lo ascoltano. Così possono capire per cosa è portato, quali sono i talenti che ha dentro di sè.

Lei non crede che bisognerebbe riequilibrare tutto il sistema delle richieste verso i ragazzi, scuola compresa?

Anche la scuola chiede molto oggi, è una struttura educativa che li deve sostenere e allora mi chiedo se è necessario che vadano ad imparare l’inglese fuori da scuola. Ci sono altre attività extrascolastiche che creano il giusto sfogo e io consiglio sempre: la musica ad esempio è un luogo di ritrovo peri ragazzi, specie se la suonano; lo sport con cui si riappropriano del loro corpo, non da adorare ma da riempire di se stessi; la capacità di stare con gli amici, tante volte trascurata, è una attività libera e indispensabile. Tutto questo non sarà stressante e riempirà la domanda sul chi sono e come cresco. I genitori devono agevolare questo perchè cresce sotto i loro occhi. Quando stanno con gli amici, i ragazzi passano ore ma tornano a casa carichi, hanno avuto contatti. Bisogna scegliere attività che restituiscano energia, che non creino solo stanchezza.

Ma se fossero i figli ad essere troppo stressanti?

Un genitore mi ha fatto proprio questa obiezione: “Ci vogliono perfetti, gli stressati siamo noi” mi ha detto. Forse i nostri figli ci stanno chiedendo troppo? Potrebbe essere il tema della prossima conferenza.

IL DIBATTITO. Per il professor Polito le malattie somatiche oggi pesano anche sulla salute dei bambini.

In famiglia soltanto 45 minuti al giorno per dialogare coi figli

Ragazzi alle superiori: non accettano più le scelte dei genitori

Ansia da prestazione, stress, disturbi alimentari. Se un tempo queste erano problematiche che colpivano i manager, oggi a esserne vittima sono anche i bambini sovraccaricati di impegni.

Il professor Polito non ha dubbi sul fatto che ai più piccoli oggi si chiedono prestazioni che spesso vanno al di là delle loro esigenze e delle loro risorse.

A chiedere loro tanti sforzi sono in tanti: i genitori (con le loro mille aspettative), la scuola (più preoccupata di completare i programmi che di far apprendere), i mass media (che creano un divario amplissimo tra i desideri e i reali bisogni). Insomma, di tempo ce n'è poco e di tempo libero ancor meno e così tanto i figli quanto i genitori sono quotidianamente di corsa tra un appuntamento e l'altro.

Come se non bastasse il professor Polito ha riportato altri dati: il dialogo in famiglia si riduce a 45 minuti (massimo un' ora) al giorno mentre quello che i bambini e ragazzi passano davanti alla televisione si aggira attorno alle 4 o 5 ore. Bando ai sensi di colpa di  mamma e papà, che vorrebbero offrire sempre il meglio e sempre di più ai propri figli, l'importante è riappropriarsi del tempo libero: tempo da dedicare al riposo, alla riflessione, alla riscoperta delle piccole cose, agli affetti, alla gioia di stare assieme, alla spontaneità.

«Non c'è dubbio che la relazione educativa ha bisogno di tempi lunghi e distesi, come si può pretendere di insegnare qualcosa, di favorire l'apprendimento, di far rispettare le regole, se si è sempre di fretta, se non ci si riesce a fermare, se la  frase più ricorrente è "sbrigati"? Ricordo Mario Rigoni Stern che qualche anno fa in un'intervista disse "se volete salvare la famiglia, fate la polenta", ovvero ritrovate in casa dei momenti di scambio e di dialogo. Certo oggi entrambi i genitori lavorano e passano poco tempo a casa ma l'importante è come viene impiegato il tempo nel rapporto con i figli non solo quanto se ne ha a disposizione», ha spiegato Polito.

Non solo, anche per i genitori è fondamentale ritrovare il proprio tempo sia come cop-  pia che come individui. «Vuol dire che dovremmo tutti rinunciare a qualche impegno? Che nostro figlio non farà tutte quelle attività che potrebbero renderlo perfetto ai nostri occhi? Dov'è il problema? Saremo imperfetti ma felici e i difetti sproneranno noi e i nostri figli a migliorare, a esser più in sintonia con gli altri, a essere più umili e anche, perché no, più divertenti», ha concluso l'esperto.

Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Sito: www.mariopolito.it

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