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Intervista su un suicidio "La Tribuna" il 6 Febbraio 2010  

a cura di Francesca Nicastro

 

La Tribuna di Treviso

ODERZO-MOTTA DI LIVENZA

SABATO 6 FEBBRAIO 2010

LA TRAGEDIA DI LEVADA                          

Il dolore dei compagni della Lepido Rocco: "Non sarà facile per noi tornare in classe"

In mille per l’ultimo ciao ad Andrea

Il pianto della sorella Elisa squarcia il silenzio: come faremo a vivere senza te?

Don Roberto Mistrorigo accoglie il feretro sulla soglia della chiesa di San Bonifacio nella frazione di Levada. A destra i compagni di classe della III meccanici della Lepido Rocco. A sinistra gli amici e i parenti sotto la pioggia battente rendono l’ultimo saluto al giovane che si è ucciso martedì scorso

Nel mirino «Hai mai pensato di farla finita?»

L’ira del popolo del web: «Chiudete subito quel sito che istiga al suicidio»

Andrea Parpinello si è tolto la vita a 17 anni

La folla, un migliaio di persone chiuse in un dolore muto, attende l’arrivo della bara di legno bianco, cosparsa di fiori candidi, giunta sul piazzale della chiesa di San Bonifacio a Levada alle 14.30. I volti dei ragazzi, compagni di scuola e tanti, tantissimi amici, sono rigati di lacrime. Si stringono l’un l’altro, quasi come pulcini, spaesati davanti ad una tragedia che lascia aperte troppe domande. Interrogativi che rimbalzano su internet via Facebook, senza trovare motivi e spiegazioni a quel profondo male di vivere che ha soffocato Andrea. Ad accompagnare la bara bianca c’è mamma Claudia, sorretta dai famiglia-ri, papà Irnerio, le sorelle Elisa e Laura che sembrano quasi cercare nei tanti ragazzi presenti il volto del fratello scomparso. La cerimonia assume i toni di un triste saluto. Anche don Roberto Mistrorigo nella predica invita al silenzio di fronte ad una tragedia che richiede una riflessione rivolta solo alla bontà divina, augurando che Andrea possa guidare i suoi cari da lassù, nella pace del Signore. Il silenzio della cerimonia è squarciato nel finale da Elisa, la sorella maggiore, che trova la forza di leggere una lettera d’addio. Un  commosso commiato, con tanti ricordi quotidiani di gioia condivisa e vita vissuta, scritto sulla stessa sedia davanti alla scrivania dove martedì Andrea ha preparato l’ultimo messaggio. Elisa ricorda la passione per i motori del fratello, i pranzi del sabato a casa della nonna, le canzoni ascoltate insieme, ripercorrendo i percorsi di vita solcati mano nella mano. «Come faremo ad andare avanti senza di te? — si chiede, raccontando di aver voglia di urlare davanti alle foto della famiglia, a quella porta di una camera che resterà per sempre vuota — avrei voluto averti accanto per tutta la vita, invece sono qui a salutarti, sperando che lassù tu possa trovare la pace». Nessun applauso segue le parole disperate che danno voce ad un’inte-ra famiglia, stretta in un abbraccio vuoto, colmo di dolorose domande senza replica. Anche i compagni della III meccanici della Lepido Rocco raccolgono il coraggio per salutare il compagno, del quale ricordano il sorriso, mite e buono, e la costante disponibilità ad aiutare tutti, confidando di far fatica ad entrare nella classe vedendo quel banco vuoto. Un saluto arriva anche dal presidente della scuola Roberto  Zampieri che augura ad Andrea, studente generoso e preparato, di trovare pace e serenità nei celesti lidi. La cerimonia si conclude come era iniziata, in un silenzio grigio, rigato di pioggia. Il feretro bian-  co lascia la chiesa e si dirige verso il cimitero di Faè. E’ lì dove Andrea, giovane così silenziosamente tormentato in vita, ha trovato troppo presto dimora.

 

PONTE DI PIAVE. Quello spazio va chiuso per evitare tragedie come quella che ha tolto la vita ad Andrea. Il popolo di Facebook si ribella al gruppo «Hai mai pensato di farla finita?» e continua a tempestarlo di messaggi che ne chiedono la soppressione. Sebbene non vi sia un legame dimostrato tra il suicidio del diciassettenne di Levada e la sua iscrizione al gruppo, resta la perplessità dell’esistenza di un luogo di discussione virtuale dove chiunque può attingere informazioni, idee e riflessioni sul tema del suicidio. «Qualcuno vuole dire al fondatore di questo gruppo di chiudere immediatamente? — ha scritto ieri Daniela — E’ allucinante aprire una cosa del genere». C’è anche chi risulta propositivo. E’ il caso di Fabio che suggerisce di trasformare lo spazio in un’opportunità per aiutare le persone che accusano stati di depressione. Quel che è certo è che la morte così atroce di Andrea lascia un segno indelebile in tanti giovani, monito a prestare attenzione ai segnali di aiuto lanciati da chi ci sta accanto. Come scrive Stefania: «Sono la madre di L. che a soli 16 anni nel maggio 2005 si è suicidato. Non esisteva Fa-cebook ma non sono riuscita, nonostante avessimo un ottimo rapporto, ad accorgermi che avesse idee suicide. Non ho potuto fare nulla per lui ora mi metto a disposizione per chi chiede aiuto, anche solo per essere ascoltato». (b.b.)

di Barbara Battistella

PONTE DI PIAVE. Un silenzio interrotto solo dal ticchettio della pioggia incessante ha accompagnato ieri pomeriggio l’ultimo viaggio di Andrea Parpinello, il diciassettenne studente che martedì si è tolto la vita con un colpo di fucile.

«Non serve chiudere i gruppi Facebook»

Lo psicoterapeuta Polito: diamo ai ragazzi strutture e progetti di speranza

«Non serve togliere i fucili da casa, né chiudere i gruppi Facebook. Ai nostri ragazzi dobbiamo dare motivi di vita». Lo psicoterapeuta Mario Polito, che ha scandagliato il fenomeno nel suo ultimo libro «Suicidio: la guerra contro se stessi. Cause e prevenzione», invita gli adulti a riflettere sulla mancanza di «progetti comunitari di speranza» all’ori-gine del male di vivere che attanaglia molti giovanissimi. Dal giorno di Halloween ad oggi si sono uccisi nella Marca cinque adolescenti.

Professor Polito, psicologo e psicoterapeuta, cosa sta succedendo?

«In Italia ogni giorno si tolgono la vita otto persone, di cui il 40% sono adolescenti. Sono numeri da guerra che dovrebbero preoccuparci». Cosa spinge a uccidersi a 15, 20 anni?

«I ragazzi non riescono a reggere la difficoltà del vivere. Non è arrivato loro il messaggio che vivere è duro ma che, con l’aiuto degli altri, hanno le risorse sufficienti per farvi fronte. Dal mondo degli adulti arriva loro il messaggio opposto: che tutto è facile. Quando scoprono che non è vero, per loro è una tragedia. L’altra ragione è che di fronte a questi ragazzi c’è il nulla perché manca del tutto un progetto comunitario di speranza. E il nulla uccide.

 

Andrea ha lasciato scritto che” non è colpa di nessuno”.

Di fronte al suicidio di tanti adolescenti noi adulti dobbiamo chiederci che progetti stiamo consegnando a questi ragazzi». Ma è possibile che nessuno - genitori, docenti, amici - si accorga mai di nulla?

«Quando la persona ha deciso di uccidersi cerca di allontanare qualsiasi sospetto e spesso lo fa in modo magistrale. Ma c’è da chiedersi perché, prima, non riesca a mandare segnali del suo malessere. Colpisce l’incapacità di comunicare. Se si confidasse con un amico, questo andrebbe in fibrillazione e attiverebbe una rete di sostegno. Un amico vero, in carne e ossa, non le figurine che sono su Facebook. Ma questa “impossibilità“ di comunicare, che è l’altra faccia dell’”impossibilità“ di ascoltare, è figlia del nostro modo di vivere. Abbiamo sempre tanta fretta».

Come possiamo prevenire queste tragedie?

«Facendo comunità e comunicazione autentica. Comunicazione di sentimenti e di progetti. Progetti musicali, artistici, politici... Da fare insie  me, adulti e ragazzi. La prevenzione non è togliere i fucili da casa, o chiudere i gruppi Facebook, ma è dare motivi di vita. E dare spazi di aggregazione reali a questi ragazzi. Ci vogliono le cosiddet-te”infrastrutture del benessere”: cantine per suonare, campi sportivi, oratori... Per gli anziani le abbiamo fatte, per i bambini abbiamo costruito i migliori asili del mondo, per gli adolescenti c’è il nulla. E poi ci vuole un profondo esame di coscienza di noi adulti, il riconoscimento delle nostre responsabilità, dei non-valori che stiamo trasmettendo. Queste tragedie insopportabili servano almeno a farci riflettere».

(Francesca Nicastro)