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LA DIDATTICA GESTALTISTA

 

 

INTRODUZIONE

 

La didattica gestaltista è una prospettiva nuova, differente dalle altre, necessaria.


È nuova perché propone di applicare nella didattica i principi di organizzazione percettiva studiati dalla psicologia della gestalt. Essi permettono di organizzare le informazioni delle lezioni e le presentazioni in un modo strutturato, di una bella forma, facile da comprendere, memorizzare e assimilare.


È diversa, perché supera diametralmente l'associazionismo perché riduttivo e irreale, il cognitivismo perché si ferma solo al cognitivo e ha escluso la dimensione emotiva e sociale. Supera il costruttivismo, perché riconosce anche l'autoregolazione organismica che il costruttivismo trascura, supera la metacognizione, perché essa si rinchiude nel cognitivo e nella mente. Supera il concetto di competenza, perché il fine è l'autoregolazione esistenziale e non (solo) il successo scolastico. Supera tutti i progetti di benessere in classe e di autostima, perché spesso sono autoesaltanti e trascurano l'autorealizzazione completa e costruita giorno per giorno migliorando la propria crescita. Supera l'individualismo didattico, perché promuove un ambiente sociale nutriente e promuove la comunità di apprendimento per crescere bene.


È necessaria per costruire un migliore paradigma dell'esperienza scolastica e per predisporre una migliore riforma scolastica. Non se ne può fare a meno, se si vuole insegnare bene ed educare bene le nuove generazioni. La teoria della Gestalt è fondata sull’integrazione, come diceva F. Perls: essa integra (molti aspetti della vita) ed è integrale (ricca di molti ingredienti della vita).


Con questo libro voglio, non solo descrivere che cosa sia la didattica gestaltista, ma desidero soprattutto mostrare come si può realizzare in classe, fin da domani mattina.


Come si può realizzare subito questo miracolo in classe?


Semplice. Basta smettere di insegnare e di fare lezione.


Ma questo è assurdo. È folle. È ingenuo.


Conosco questa obiezione. A tutti rispondo con una contro-obiezione: chi di voi insegnanti non si è mai lamentato che i nostri studenti studino poco? Tutti. Che imparino poco? Tutti. Che si impegnino poco? Tutti. Vi siete mai chiesto il perché di questi scarsi risultati scolastici? Quanti di voi se lo sono chiesto? Pochi. Volete migliorare questo stato di cose? Si? Volete modificarlo? Si? Bene.


È sufficiente sostituire l’insegnare con il curare l'apprendimento. Al posto di “fare lezione” è necessario “far apprendere”. Far apprendere è molto differente da insegnare. Uno può insegnare senza far apprendere.


Questo è successo a molti di voi. È successo anche a me, ma ad un certo punto ho deciso di cambiare approccio. Ho reso gli studenti più attivi e motivati. Proprio quello che volete anche voi. Voi lo desiderate. Io mi sono impegnato a farlo succedere. Come?


Applicando in classe la psicologia della gestalt e realizzando poi un metodo didattico intitolato “Insegnamento gestaltico” che descriverò in questo libro.
In che cosa consiste?


Nel “far apprendere”, nel curare l’apprendimento dei nostri studenti, facendo in modo che per loro “l’apprendimento sia una bella esperienza, reale, personale ed esistenziale.


Immaginiamo che io sia uno studente che non ha capito la teoria delle maree, oppure la funzione pratica delle equazioni (a che cosa servano nella vita), oppure mi domando perché io debba studiare la complicata e lontanissima storia del Medioevo. Aiutatemi a capire bene questi concetti; non rimproveratemi subito sul fatto che studio poco, che non sono motivato, che sono immaturo. Basta con questi toni che non risolvono il problema. Aiutatemi soltanto a raggiungere il mio scopo: voglio essere convinto per poi capire e imparare. Fatemi vedere qui e adesso che cosa devo fare io per apprendere bene insieme con voi. Non fermatevi a spiegare come avete fatto tante volte. Aiutatemi a comprendere. Fatemi apprendere. Datemi delle ragioni per connettere la scuola e lo studio alla mia esperienza evitale. Datemi delle strategie, non prediche, strategie per studiare bene, come metodo ed efficacia. Ditemi a che serve studiare per me e per gli altri. Fatemi esempi concreti di come posso realizzare i miei talenti e di come posso contribuire al benessere della società e ad arricchire il mondo di bellezza e di bontà. Non fatemi prediche, ma fatemi fare pratica di una vita diversa, di un diverso modo di vivere la vita. Vedete? Io sono uno studente esigente: voglio essere convinto da voi che la vita può avere senso nonostante la matassa del non senso in cui sono ingarbugliato.


Vi sentite in difficoltà?


Ecco che la Psicologia della Gestalt può venire in vostro aiuto. Ecco perché vi è utile leggere questo libro. Ecco perché è interessante vedere come si fa, come si risolve il problema della demotivazione dei nostri studenti, come si può rendere una lezione chiara, comprensibile, attraente, stimolante.


“Ogni studio deve rappresentare solo una risposta alle domande suscitate dalla vita” L. Tolstoj


“Le cose, le cose! Io non ripeterò mai abbastanza che diamo troppa importanza alle parole. I nostri veri maestri sono l’esperienza e il sentimento” (J. J. Rousseau, Emilio).


L’essenza della didattica gestaltista è in questa frase: “Insegnami cosa e come devo fare io per apprendere questo”. La didattica gestaltista non è semplicemente esporre informazioni, ma significa far apprendere, condurre ogni studenti ad apprendere bene quello che devono sapere. Dobbiamo portarli a fare contatto con noi, con il libro, con la cultura, con il sapere.


È una bellissima espressione, anche se ancora rara: “portare gli studenti a fare contatto” con il libro di testo, poi, con l’autore che si nasconde dietro ogni pagina stampata. Si tratta di aiutarli a “fare contatto” con la poesia “Infinito”, ma soprattutto a “entrare in contatto pieno” con una persona vera reale: Giacomo. Sì. Giacomo Leopardi. Solo in questo modo, facendo contatto pieno con la realtà della vita, si entra nella realtà e nella vita.


A che serve lamentarsi? A poco. A che serve criticare la scuola come patriarcale, autoritaria, burocratica, tradizionale, vecchia? A poco.


Bisogna proporre soluzioni: soluzioni vitali, che portino la vita reale nella scuola. Non bisogna chiudere la scuola perché autoritaria e vecchia. Bisogna portare la vita nella scuola.


Victor Hugo diceva: “Quando si apre la porta di una scuola si chiude una prigione”. L’educazione serve per cambiare noi stessi e il mondo.


Sono stato insegnante per molti anni e ho partecipato alle riunioni del consiglio di classe per valutare il comportamento dei nostri studenti. Tutti i docenti si lamentavano, per il 95% del tempo, della demotivazione dei loro studenti, della mancanza di metodo, di autodisciplina, di concentrazione, di impegno. Erano focalizzati più sui problemi che non sulle soluzioni. L'insegnamento gestaltico è focalizzato sulla soluzione: che cosa facciamo noi docenti per risolvere questi problemi? Che cosa facciamo fare ai nostri studenti per risolvere questi loro problemi? Che cosa facciamo domani mattina in classe “con” loro e non solo “per” loro.


Un docente mi chiede: “D'accordo, che cosa facciamo fare loro?”.


Per prima cosa li coinvolgiamo. “Voi che cosa proponete per avere giornate di scuola più interessanti e utili?”. Ricordo uno studente che a questa domanda aveva semplicemente dichiarato che bisognava abolire la scuola. Distruggere tutte le scuole, perché erano una perdita di tempo. Ho accolto questa sua obiezione negativa radicale (“Vedo che sei molto critico con la scuola”) e l'ho rispecchiata (“Percepisci questa scuola inutile”). Poi gli ho chiesto di chiarire, di dire di più su questa sua percezione. All'inizio non voleva rispondere, perché era troppo arrabbiato e negativo. Poi ha iniziato a fare una lunga lista di cose negative. Diceva che non serviva a niente nella vita.


Che cosa potevo fare in quel contesto?


Attivare il senso di quello che si propone a scuola. Chiarire il suo valore per la vita. Dimostrare la sua utilità per vivere meglio. Proporre soluzioni convenienti a quelle obiezioni. Questa è l'essenza della Teoria della Gestalt: proporre soluzioni coerenti ai loro problemi esistenziali. La vita è essenzialmente risolvere problemi (ogni giorno).


La Teoria della Gestalt ci offre molti concetti innovativi per affrontare e risolvere meglio i nostri problemi quotidiani, personali e sociali.

 

 

 

 

INDICE DEL LIBRO

 

    



CAPITOLO 1  
ORGANIZZAZIONE GESTALTISTA DELLA DIDATTICA   


1.1. Che cosa offre la Teoria della Gestalt?   
1.2. La ricerca-azione come metodo di insegnamento e di apprendimento.   
1.3. Relazione educativa e stile didattico.   
1.4. Il linguaggio dello stile dialogato e interattivo.   
1.5. Il significato e le emozioni delle parole e del linguaggio.   
1.6. Il linguaggio emotivo dell’insegnante gestaltista.   
1.7. La didattica gestaltista dell’assimilazione per superare la prevalente didattica dell’introiezione.   
1.8. La Teoria della Gestalt contro l’eccessiva programmazione.   
1.9. Dare il benvenuto al cambiamento e all’imprevedibile.   
1.10. Evitare la didattica “non strutturata”.   
1.11. Distinguere tra svolgimento del programma e cura dell’apprendimento.   
1.12. Ristrutturare le materie disciplinari in direzione gestaltista.   
1.13. La ristrutturazione e riformulazione continua dei dati.   
1.14. Creare libri di testo organizzati gestalticamente.   
1.15. Superamento dell’associazionismo e del metodo tradizionale della sola ripetizione.   
1.16. Differenza tra ripetizione meccanica e comprensione strutturale.   
1.17. Elogio della ripetizione varia e creativa.   
1.18. La teoria della Gestalt e la valorizzazione del pensiero produttivo.   
1.19. Valorizzazione dell’apprendimento esperienziale.   
1.20. Conflitto tra apprendimento esperienziale e apprendimento scolastico.   
1.21. Il role play nell’insegnamento e nell’apprendimento.   
1.22. L’assimilazione ha bisogno di tempi lenti e distesi.   


CAPITOLO 2   
ORGANIZZARE UN’UNITÀ DI INSEGNAMENTO GESTALTISTA


2.1. La lezione come gestalt.   
2.2. Organizzare le informazioni. Complessificare e semplificare le informazioni.   
2.3. Apertura e chiusura di una lezione o unità di insegnamento.   
2.4. La struttura della lezione tradizionale.   
2.5. Organizzazione unitaria dei contenuti tra visione generale e aspetti dettagliati.   
2.6. Esempio di costruzione di un’unità didattica.   
2.7. Il tema, il saggio e la tesi come compiti gestaltici.   
2.8. La diffusione degli ipertesti richiede la capacità di creare buone gestalt forti e unitarie.   
2.9. Assegnare compiti scolastici con una buona struttura gestaltista.   
2.10. Distinzione tra gestalt forti e gestalt deboli nell’insegnamento e nell’apprendimento.   
2.11. Il valore gestaltista della propria ignoranza.   
2.12. Una programmazione personalizzata costruita in base alle domande degli studenti.   
2.13. Valorizzare la didattica narrativa. Il “sé narrativo”.   
2.14. Le storie possiedono gestalt forti.   


CAPITOLO 3   
I PRINCIPI DI ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA   


3.1. Presentazione dei vari principi di organizzazione gestaltista.   
3.2. Il concetto di organizzazione.  
3.3. Alcune obiezioni al concetto di organizzazione percettiva.   
3.4. Autonomia dei principi di organizzazione gestaltica.   
3.5. Auto-organizzazione delle conoscenze.   
3.6. Il conflitto tra percezione e pensiero.   
3.7. Il conflitto tra percezione e realtà.   
3.8. Approfondimento dei principi gestaltisti.   


CAPITOLO 4   
IL PRINCIPIO DI RAGGRUPPAMENTO E DI UNIFICAZIONE  


4.1. Disposizione, unificazione, sintesi.  
4.2. Le categorie logiche come fattori di organizzazione e di unificazione.   
4.3. Il bisogno di sintesi, di unificazione e di definizione.   
4.4. La selezione delle informazioni e la funzione degli schemi anticipatori.   
4.5. Organizzazione delle relazioni di relazioni.   
4.6. Costruire unità di apprendimento.   
4.7. Domande strutturate.   
4.8. Raggruppamento e memorizzazione.   
4.9. Sintesi pedagogica.   
4.10. Grandi sintesi dei grandi maestri.  


CAPITOLO 5   
IL PRINCIPIO DELL’ESPERIENZA PASSATA   


5.1. La ricchezza dell’esperienza passata.   
5.2. Alcuni suggerimenti per attivare l’esperienza passata.   
5.3. Raccontate la vostra esperienza scolastica.   
5.4. Le preconoscenze come risorse.   
5.5. Fatevi raccontare dagli studenti la loro esperienza scolastica.   
5.6. Studenti con difficoltà di apprendimento.   
5.7. L’esperienza passata come ostacolo alla conoscenza.   
5.8. Esperienza passata episodica ed esperienza passata culturale.   


CAPITOLO 6   
IL PRINCIPIO DI FIGURA-SFONDO   
6.1. È uno dei concetti fondamentali della Gestalt.   
6.2. L’effetto di figura-sfondo attuato dal nostro udito.   
6.3. Valorizzazione dello sfondo.   
6.4. Valorizzazione dello sfondo da cui evocare le preconoscenze.   
6.5. Valorizzazione dello sfondo come luogo dell’assimilazione.   
6.6. L’importanza dell’insegnante per creare la dialettica figura-sfondo.   
6.7. Lo sfondo come repertorio e come risorsa.   
6.8. Lo sfondo e il valore riposo.   
6.9. Lo sfondo e il valore della riflessione.   
6.10. Lo sfondo e il valore dell’integrazione.   
6.11. Il potere dello sfondo.   
6.12. Destrutturazione e ristrutturazione dell’effetto figura-sfondo.   
6.13. In che modo il principio figura sfondo aiuta gli studenti con difficoltà di apprendimento.   


CAPITOLO 7   
IL PRINCIPIO DELLA CHIAREZZA   
7.1. Si capisce quando si chiarisce.   
7.2. Attenzione come spola, altalena, tra figura e sfondo.   
7.3. L’attenzione come responsabilità, cioè come abilità di rispondere.   
7.4. Capovolgimento del punto di vista utilizzando l’effetto figura-sfondo.   
7.5. Rigidità e fluidità del passaggio tra figura e sfondo.   
7.6. La creatività contro la fissità funzionale e le gestalt fisse.   
7.7. Insegnare un concetto per volta.   
7.8. Studiare un concetto per volta.   
7.9. Il conflitto tra motivazioni differenti.   
7.10. Valorizzazione del conflitto come polarità che va integrata.   
7.11. Come si blocca il processo di formazione figura-sfondo.   
7.12. Chiarezza e studenti con difficoltà di apprendimento.   
7.13. Chiarezza e distinzione.   
7.14. Chiarezza e visualizzazione.   


CAPITOLO 8   
IL PRINCIPIO DI CONTRASTO   
8.1. Differenza tra figura-sfondo e principio di contrasto.   
8.2. Effetto di contrasto e neurofisiologia.   
8.3. Il contrasto attira l’attenzione.   
8.4. Per apprendere bisogna contrastare i concetti che si propongono.   
8.5. Attenzione come valorizzazione delle differenze e somiglianze.   
8.6. Il principio di contrasto nella comunicazione didattica.   
8.7. Il principio di contrasto nella ramificazione degli schemi.   
8.8. Accentuare il contrasto o attenuarlo?   
8.9. Utilizzare confronti e contrasti didattici e lanciare sfide cognitive.   


CAPITOLO 9   
IL PRINCIPIO DI ISOLAMENTO DI UN OGGETTO O EFFETTO VON RESTORFF   


9.1. Isolare per evidenziare.   
9.2. La percezione è sensibile soltanto ai cambiamenti.   
9.3. Usiamo questo principio quando facciamo schemi e mappe.   
9.4. Usiamolo quando sottolineiamo.   
9.5. La novità come effetto dell’isolamento.   
9.6 L’astrazione come isolamento di una caratteristica comune.   
9.7. “Osserva solo questo”.   
9.8. Isolamento e “Task analysis”.   
9.9. Amplificazione degli stimoli didattici.   
9.10. Doppia codifica delle informazioni.   


CAPITOLO 10   
IL PRINCIPIO DI VICINANZA   


10.1. Le persone vicine si danno la mano e si abbracciano.   
10.2. Vicinanza generalizzazione pregiudizi.   
10.3. Presentare concetti vicini per procedere gradualmente nella comprensione.   
10.4. Esercitazione sul principio di vicinanza.   
10.5. Adottare il principio di vicinanza nella costruzione di un’unità didattica.   
10.6. Il principio di vicinanza contenuto nella massima “qui e ora”.   
10.7. Il principio di vicinanza e l’apprendimento del linguaggio.   
10.8. Vicinanza, assonanza e rime.   
10.9. Vicinanza, analogie, metafore, esempi.   
10.10. Esemplificare o apportare esempi.  
10.11. Passare dal concreto all’astratto.   
10.12. Apprendimento per simulazione.  
10.13. Apprendimento per imitazione.   
10.14. Apprendimento per modellamento.   


CAPITOLO 11   
IL PRINCIPIO DI CONTIGUITÀ   


11.1. Distinguere tra vicinanza e contiguità.   
11.2. Vocabolario ristretto e vocabolario elaborato.   
11.3. Esercitazioni sulle differenze concettuali.   
11.4. Analogie e contiguità.   
11.5. Esercizi di allenamento e principio di contiguità.   
11.6. Contiguità, inferenze e implicazioni.   


CAPITOLO 12   
IL PRINCIPIO DELLA SOMIGLIANZA   


12.1. Differenza tra somiglianza e vicinanza.   
12.2. Somiglianza, affinità e famiglia concettuale.   
12.3. Richiami per somiglianza.   
12.4. Esercitazione su “simile e diverso”.   
12.5. Analogie poetiche.  
12.6. La vita è come…   


CAPITOLO 13   
IL PRINCIPIO DI SIMMETRIA   


13.1. Simmetria, proporzione e armonia.   
13.2. Simmetria e ballo.   
13.3. Simmetria e scrittura.   
13.4. Simmetria e musica.   
13.5. Simmetria e arti visive, scultoree e architettoniche.   
13.6. Simmetria e imitazione.   
13.7. Simmetria ed asimmetria.   
13. 8. Apollineo e Dionisiaco.   
13.9. Simmetria e mandala.   


CAPITOLO 14   
IL PRINCIPIO DELLA CHIUSURA O DEL COMPLETAMENTO   


14.1. Tendenza al completamento.   
14.2. La tendenza al completamento nel progetto di vita.   
14.3. La tendenza al completamento nella percezione.   
14.4. Le ricerche sui compiti interrotti.   
14.5. Le gestalt aperte e le gestalt chiuse.   
14.6. Il principio della chiusura nel linguaggio.   
14.7. Il conflitto cognitivo e la tendenza al completamento.   
14.8. Superare la dissonanza cognitiva.   
14.9. Utilizzare il conflitto cognitivo come stimolo a generare curiosità.   
14.10. Il bisogno di completamento cognitivo ed emotivo.   
14.11. Frustrazione cognitiva e problem solving.   
14.12. Analisi dei bisogni educativi e tendenza al completamento.   
14.13. Raggiungimento del completamento e contatto pieno.   
14.14. Completamento ritiro e assimilazione.   
14.15. Gestalt completate e apprendimento come gestalt sempre aperta.   
14.16. Il principio della chiusura nelle barzellette, nei film e negli scritti.   


CAPITOLO 15   
IL PRINCIPIO DI CONTINUITÀ DI DIREZIONE (BUONA CONTINUAZIONE) O PRINCIPIO DI GRADUALITÀ   


15.1. Buon cammino come metodo sicuro e graduale.   
15.2. Unità di tempo, di azione e di luogo in Aristotele.   
15.3. Gradualità e continuità in Comenio.   
15.4. Scalette formali di categorie gerarchiche.   
15.5. Sequenzialità delle informazione e unità o visione di insieme.   
15.6. Creare schemi, mappe e percorsi concettuali.   
15.7. Continuità tra i cicli scolastici.   
15.8. Continuità e sfondo integratore.   
15.9. Continuità e interdisciplinarietà.   
15.10. Creare sequenze di apprendimenti e di comportamenti.   


CAPITOLO 16   
IL PRINCIPIO DI COSTANZA  


16.1. Il bisogno di stabilità nonostante il cambiamento.   
16.2. Stabilità e sicurezza.   
16.3. Stabilità e personalità.   
16.4. Integrare stabilità e cambiamento.   


CAPITOLO 17   
IL PRINCIPIO DI SEMPLICITÀ   


17.1. Semplificare per controllare meglio gli eventi.   
17.2. Le euristiche come ragionamenti abbreviati e fragili.   
17.3. Semplificazioni politiche dei dittatori.   
17.4. Effetto Dunning-Kruger: l’ignorante che si crede intelligente.   
17.5. La semplessità: come integrare semplificazione e complessificazione.   
17.6. La grande sfida tra semplicità e complessità: l’intero è maggiore delle sue parti.   
17.7. Semplicità e quantità delle informazioni di una lezione.   
17.8. Semplicità e quantità di assorbimento delle informazioni durante una lezione.   


CAPITOLO 18   
IL PRINCIPIO DELLA BUONA FORMA O ARMONIA   


18.1. Buona forma e bella forma.   
18.2. Suggerimenti per fare una lezione pregnante.   
18.3. Anche gli schemi didattici devono avere una “buona forma”.   
18.4. Coltivare la bellezza interiore.   
18.5. Buona forma e cattiva forma.   
18.6. Recuperare una “estetica del brutto”.   


CAPITOLO 19   
IL PRINCIPIO DI PREGNANZA   
19.1. Pregnanza, gravidanza, pienezza e vitalità.   
19.2. Parole gonfie e sgonfie di significato.   
19.3. La pienezza della propria esperienza.   
19.4. Il principio di pregnanza e il principio del minimo.   
19.5. Esempi didattici pregnanti.   
19.6. Lettura veloce e mancanza di pregnanza.   
19.7. Linguaggio ristretto e linguaggio elaborato.   
19.8. Stupidità, superficialità e mancanza di pregnanza.   
19.9. Riempire le parole di significato.   


CAPITOLO 20   
SINTESI DEI PRINCIPI GESTALTISTI   


20.1. Richiesta di una esemplificazione concreta.  
20.2. Griglia formale dei principi gestaltisti.   
20.2.1. Il principio di raggruppamento e di unificazione.   
20.2.2. Il principio dell’esperienza passata.   
20.2.3. il principio di figura-sfondo.   
20.2.4. Il principio di chiarezza e di distinzione.   
20.2.5. Il principio di contrasto.   
20.2.6. Il principio di isolamento o Effetto Von Restorff.   
20.2.7. Il principio di vicinanza.   
20.2.8. Il principio di contiguità.   
20.2.9. Il principio di somiglianza.   
20.2.10. Il principio di simmetria.   
20.2.11. Il principio della chiusura o del completamento.   
20.2.12. il principio di continuità di direzione (buona continuazione) o principio di gradualità.   
20.2.13. Il principio di costanza.   
20.2.14. il principio di semplicità.   
20.2.15. Il principio della buona forma.   
20.2.16. Il principio di pregnanza.   
20.3. Estensione dei principi gestaltisti ad altri concetti didattici.   


CAPITOLO 21   
IL PENSIERO PRODUTTIVO   
21.1. Gestalt e creatività.   
21.2. Produttività e continuum di consapevolezza.   
21.3. Caratteristiche del pensiero produttivo.   
21.4. Distinzione tra pensare in successione e pensare in modo gestaltico.   
21.5. Distinzione tra apprendimento e comprensione.   
21.6. Pensiero produttivo e problem solving.   
21.7. Didattica del problem solving: la migliore didattica gestaltista.   
21.8. L’importanza di impostare bene un problema.   
21.9. La capacità di ristrutturazione nel problem solving.   
21.10. Problem solving ed insight.   
21.11. La storia del piccolo Gauss.   
21.12. Apprendimento e comprensione: esempio della moltiplicazione.   
21.13. La soluzione dell’area del parallelogramma.   
21.14. Controllo del proprio processo di pensiero.   
21.15. Investire di più sul pensiero produttivo a scuola.   
21.16. Caratteristiche del docente gestaltista.   
21.17. Assimilazione e creatività. 


CAPITOLO 22  
L'APPROCCIO GESTALTISTA ALL'EDUCAZIONE E ALLA DIDATTICA   


22.1. Il mio percorso formativo verso la Teoria della Gestalt.   
22.2. Distinguere tra psicoterapia e pedagogia.   
22.3. Valorizzare l’apporto specifico della gestalt alla didattica e alla pedagogia.   
22.4. L’apporto di Paul Goodman.   
22.5. L’apporto di Max Wertheimer.   
22.6. Valorizzare di più la “Teoria” della Gestalt.   


CONCLUSIONE   
BIBLIOGRAFIA   
AUTORE CURRICULUM   


 

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Sito: www.mariopolito.it

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